Cinema

Control

Control

Il giovane Ian Curtis coltiva un animo spiccatamente poetico e cita a memoria Wordsworth, poeta inglese padre del naturalismo. E la stessa di Wordsworth pare essere la sua poetica. Ma della purezza della natura non c’è traccia nella periferia di Manchester, vuota di colore, prigione come ogni periferia, e di quella poetica rimane solo il forte richiamo introspettivo di un’anima che dentro se stessa non trova né colore né redenzione. Anton Corbijn gira in bianco e nero l’ascesa e il dramma di Ian (Sam Riley), leader dei Joy Division. Nemmeno ventenne sposa Deborah (Samantha Morton) una donna che ama (o forse crede di amare), poco dopo le chiede di avere un figlio. Pensa di aver raggiunto una dimensione che gli si addice, un lavoro, la tranquillità. Poi il richiamo della musica, la formazione dei Joy Division, dopo aver assistito a Manchester ad un concerto dei Sex Pistols, la voglia di riscatto, di successo. Particolare: dopo quel concerto Ian si scrive sulla giacca HATE, in bianco su sfondo nero. Quella sintesi tenera e sentimentale tra la propria vita e il mondo non lo soddisfa più, e forse non lo ha mai soddisfatto. Inizia un nuovo corso della sua esistenza che lo porterà da un lato al successo internazionale, ma dall’altro a frantumare il microcosmo che si era costruito. Corbijn in Control (2007) riesce bene nel mescolare elemento biografico e psicologico, mostrando le contraddizioni che animano il protagonista, il suo sentire, la sua fragilità sia fisica che psichica, la sua incapacità di mantenere il controllo sulla propria vita. Preannuncia e racconta l’epilogo tragico della sua storia con un tatto del tutto inconsueti, poche inquadrature, simboliche, e cigolii un po’ sinistri. I pochi pezzi dei Joy Division inseriti nella colonna sonora riassumono bene il clima di quel periodo, il fermento delle nuove realtà musicali, la sperimentazione di nuove sonorità. Uno spaccato di un mondo incredibilmente vario e vitale, troppo distante dalla mancanza di idee e di innovazione che caratterizza il nostro dove il nuovo è riproposizione del vecchio e le mode e le novità si vanno a ripescare nel sacco del secolo scorso.